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21/10/2022Sulla sospensione degli psicologi
Le disposizioni ministeriali che sospendono gli psicologi non solo dal lavoro in presenza, come gli altri sanitari, ma anche da remoto (on line) non hanno alcun senso dal punto di vista della tutela della salute pubblica.
Può trovare giustificazione in una logica punitiva verso gli psicologi dissidenti, o per isolare i professionisti che, posti di fronte al ricatto tra rinunciare al lavoro (e quindi al proprio sostentamento) o farsi inoculare un farmaco impropriamente definito vaccino, avrebbero potuto continuare ad operare da remoto.

Date le esortazioni dell’Ordine verso gli psicologi a incoraggiare i pazienti a vaccinarsi e superare la cosiddetta “esitazione vaccinale”, ci si chiede a quale concetto di cura ci si voglia riferire e quale spazio abbia l’etica in questa indicazione.
Questo concetto di cura è mortificante non solo nei confronti dei colleghi sospesi, ma anche di quelli tutt’ora operativi, nonché dei pazienti.
Esiste infatti anche la possibilità, la proponiamo come ipotesi, che il provvedimento in questione, e il paradigma con esso veicolato, non sia diretto solo ai professionisti, ma anche ai clienti che, nel segreto dello spazio terapeutico protetto, potrebbero trovare un contesto rassicurante di confronto ed elaborazione delle proprie incertezze, con conseguente diminuzione della pressione emotiva fatta soprattutto di ansia e paure derivanti dall’incessante martellamento mediatico su contagi, ricoveri e morti, oltre che dai ripetuti interventi allarmisti e contraddittori di politici, esperti e sedicenti tali.
Ogni processo manipolatorio, per avere successo, si avvale di tecniche ben precise, in gran parte note agli stessi psicologi, ma richiede anche condizioni di “ricettività” da parte dei destinatari. Fra queste ultime la pressione emotiva svolge un ruolo di prim’ordine, perché anestetizza le capacità logico razionali e il pensiero critico negli individui e li rende disponibili ad accettare ogni restrizione in nome della sicurezza o, come nel caso della pandemia, della salvezza dalla malattia.
E pare non ci siano dubbi sul fatto che siano state usate tutte le leve possibili della paura della malattia e della morte, per indurre la popolazione ad effettuare l’unica scelta consentita.
Basta ricordare le parole del presidente del consiglio dimissionario : “Non ti vaccini, ti ammali, muori, o fai morire” che, oltre ad essersi già rivelate palesemente false, sintetizzano bene il paradigma materialista che innalza gli aspetti puramente biologici della vita a valori assoluti, verso cui il potere in generale sta cercando di condurci.
Si tratta di affermazioni riduttive e generalizzanti, che appiattiscono la sorte degli individui entro un’unica cura e un unico percorso di guarigione, e inoltre tendono a immiserire il ruolo di cura medica e psicologica in direzione dell’obiettivo di sopravvivere, a prezzo di rinunciare a vivere.
Luisa Benedetti,
Comitato nazionale psicologi per l'etica, la deontologia e le scienze umane