
Spazio critico di psicologia
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25/11/2022Dalla psicologia sostenibile alla deriva transumanista
Il complesso quadro di trasformazioni culturali ed antropologiche del nostro tempo interroga la Psicologia, in quanto scienza dell’umano, e la stessa da più parti si trova impegnata nell’aprire riflessioni sul senso e sul suo possibile specifico contributo al mondo che abitiamo.
Dal nostro punto di vista la psicologia dovrebbe sempre più sviluppare letture a partire dalle quali interrogare i fenomeni, sia individuali che socio-antropologici, e poterne leggere le ricadute in termini di mondo interno. Il mondo contemporaneo, attraversato dal nuovo paradigma imperante dello sviluppo sostenibile (ora anche di sviluppo psicologico sostenibile) e dalla prescrizione normativa dei comportamenti virtuosi, “costringe” la persona e i gruppi dentro una serie di percorsi predefiniti e strutturati che lasciano poco spazio al desiderio, al sogno e all’azione libera.

Un po' come quando ai bambini viene proposto già un mondo pensato a loro misura ma dentro il quale non potranno mai fare esperienza della fatica, del “cadere”, del “non riuscire”. Nell’adulto, poi, tale processo produce dipendenza e può determinare come esito l’infantilizzazione della persona stessa, espropriata come è del suo diritto all’autonomia e alla libera scelta.
Continuando a percorrere la metafora, pensiamo ad esempio a come cambiano le nostre case alla nascita di un figlio: una casa messa in sicurezza per prevenire cadute, bernoccoli, rotture di ossa. Certo, questo restituisce una sensazione di illusoria sicurezza ma priva i bambini della possibilità di fare esperienza del mondo “da sé”. Qualsiasi loro spazio è presidiato dalla presenza di un adulto che controlla la sicurezza fisica, gestisce liti, impone la pace: ai bambini non viene più lasciato lo spazio per imparare ad organizzarsi da soli i giochi e non possono imparare a trovare autonomamente le “distanze” dall’altro perché ci sarà sempre un adulto pronto a dire “non litigare”, “non correre”, “non saltare”. Fortunatamente (sic!) esistono i parchi giochi con i loro gonfiabili ed i tappeti elastici che permettono ancora di saltare, correre e fare esperienza di quel corpo solo apparentemente “libero di esprimersi”. Così simbolicamente per l’individuo, una volta diventato adulto, lo Stato sostituisce il caregiver in questa costante funzione ausiliatrice. Dunque, come in un gioco di scatole cinesi, anche noi ci troviamo dentro un grande parco giochi, dove i percorsi sono strutturati dall’alimentazione alla sessualità: un mondo così però rischia di privarci di un aspetto importante quale l’imparare a pensare.
Dove tutto è pronto e a portata di mano, viviamo con la sensazione di non essere più padroni della nostra vita e ci sentiamo privati della possibilità di imparare a pensare ciò che sono gli imprevisti, le difficoltà, la fatica ed il senso “non a portata di mano” delle cose (che non significa affatto imparare a pensare bene, come vorrebbe certa psicologia “etica” In nome della sicurezza si creano percorsi normati e presidiati costantemente che disabilitano dal pensare. Sappiamo ancora interrogare il nostro futuro lavorativo senza un consulente professionale? Forse sì, ma fin tanto che non ci diamo la possibilità di esperire se siamo in grado, non lo potremo sapere mai.
Sotto questo riguardo, infine, è anche importante a nostro avviso evidenziare che ciò che ci viene anche sottratto, oltre tutto il resto, è il piacere del pensare stesso. James Hillman, nel suo classico “Il piacere di pensare”, ben descrive e con efficacia connota l’importanza di tale attività nella sua essenza specifica di appannaggio della specie “uomo” ed il piacere libidico ad essa collegato.
In un recente articolo Emilio Mordini, noto psicoanalista e bioeticista, si chiede come mai la gente abbia creduto alle promesse di Wanna Marchi. "Come faceva a far spendere milioni di lire per creme dimagranti? Erano tutti cretini? No. Quella maxi truffa poté accadere perché Wanna Marchi sapeva coinvolgere come complici i suoi ascoltatori. In cosa? Nella pigrizia di non voler fare una vera dieta. Lei offriva una via d'uscita comoda: illudersi di dimagrire senza sforzo. Questo è lo schema attraverso il quale funzionano le truffe, basta leggere Morte di un commesso viaggiatore per capire che i commessi viaggiatori vendono illusioni".
Ecco, così, farsi strada l’ideologia transumanista che, come il commesso viaggiatore di Miller, si propone nella qualità di venditore “buono” capace di vendere “illusioni” e di liberare l’essere umano dalla fatica del pensare. È chiaro che quello che qui si connota come illusione non sia un mero sinonimo di falso, ma è da intendersi come strategia capace di “imitare” perfettamente una funzione umana apparentemente senza implicazioni emotive, personali ed esistenziali.
Cosa è, quindi, il transumanesimo e perché interrogarsi su di esso rappresenta un tassello importante nel quadro generale fornito fin qui?
Di recente, in data 27 ottobre 2022, l’intervento svolto nella camera dei deputati a cura dall’onorevole Marco Antonio Attisani ci interroga, dalla prospettiva trans-umanista, sul futuro che nel suo racconto ci attende, ammiccando ad una vera e propria evoluzione della specie. Nella sua dissertazione parole come: legge di accelerazione dei ritorni, mondo non lineare, cambiamenti esponenziali, singolarità, robotica, nanotecnologia, modifica del codice genetico, eugenetica e ricerca di una razza superiore, OGM, androidi, entità-post e Cyborg, riconoscimento dei diritti civili delle nuove entità post, cambiamento della eso-realtà e della endo-realtà, sostituzione dei globuli rossi e del sistema cerebrale, macro organizzazioni che vedono l’uomo come prodotto, evoluzione teleologica e scenari distopici ed infine il santo Graal dell’Intelligenza Artificiale e via discorrendo... avrebbero stupito e spaventato forse anche lo stesso Asimov in persona.
Infine, l’onorevole chiude l’intervento con una domanda forte ed aperta rivolta alla Camera: come vuole porsi la politica in relazione a tutto ciò? La domanda verte inevitabilmente su quale sia l’essenza che caratterizza la specie umana che si voglia in futuro promuovere e tutelare, dato che anche le macchine, sarebbero oggi in grado di simulare emozioni e sempre più lo saranno in futuro, in grado di provare emozioni e, notevolmente più intelligenti di noi, sarebbero in lista per avere riconosciuto il diritto di appartenenza alla categoria di “Persona” (con tutte le implicazioni giuridiche che ne conseguono). Il tutto condito in finale con l’immancabile tematica ecologista a difesa del pianeta terra e di tutte le specie da essa abitate. Discorso, peraltro condivisibile, se non fosse esso stato collocato in una cornice teorica più ampia che svuota di senso la categoria stessa dell’umano in quanto tale.
Ci viene in mente cosa penserebbe Pubblio Terenzio Afro di tutto ciò?
Quello stesso Terenzio il cui messaggio umanistico ha attraversato i secoli giungendo fino a noi oggi e che è: “Homo sum, Humani nihil a me alienum puto” (sono un uomo, nulla di ciò che è umano mi è estraneo).
Ed a questo punto occorre che la Psicologia rivolga questa domanda anche a sé stessa: come si vuole porre in relazione a questo dilemma?
Di seguito una necessaria e brevissima spiegazione di cosa sia il trans-umanesimo.
Il trans-umanesimo si definisce come un movimento culturale e filosofico che sostiene l'uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche in quanto finalizzate al miglioramento della vita, attraverso l'eliminazione dell'invecchiamento e il potenziamento delle capacità intellettuali, fisiche o fisiologiche dell'uomo (come affermato dallo stesso ricercatore biochimico Aubrey de Grey e Larry Page, cofondatore di Google).
Al di là delle diverse definizioni tuttavia, sulla scorta dell'impostazione originaria di Julian Huxley, vi è comunque un generalizzato consenso nell'individuare, quale idea centrale del trans-umanesimo, quella dell’ "evoluzione autodiretta", concetto che indica il tentativo volto a dirigere l'intelligenza verso l’esercizio di un potere autonomo in sostituzione della logica naturale. Pertanto, il transumanesimo è da più parti considerato non solo un post-umanesimo ma anche una forma di attivismo politico caratterizzato da un forte desiderio di cambiamento influenzato da ideali post-umanisti. In Francia, questo movimento è rappresentato principalmente dall'Associazione transumanista francese. Esistono think tank poi che, come Neohumanitas in Svizzera, incoraggiano la dialettica sulle conseguenze socio-etiche dell'uso delle biotecnologie sull'uomo. Molti differenti approcci transumanisti si riflettono anche all'interno di questi diversi gruppi.
Ad ogni modo, la prospettiva transumanista di un'umanità trasformata ha suscitato molte reazioni, sia critiche che di sostegno, da un'ampia varietà di prospettive. In particolare Francis Fukuyama ha così dichiarato, a proposito del transumanesimo, che si tratta dell'idea più pericolosa del mondo, mentre uno dei suoi promotori, Ronald Bailey, risponde che è, al contrario, il "movimento che incarna le più audaci, coraggiose, fantasiose e idealistiche aspirazioni dell'umanità”. Alcuni autori pensano poi che l'umanità sia già transumana, grazie ai notevoli progressi degli ultimi secoli, e in particolare degli ultimi decenni, soprattutto a livello medico sanitario.
Riportiamo, di seguito, La dichiarazione transumanista nella sua versione del marzo 2009 in Appendice all'articolo "A HISTORY OF TRANSHUMANIST THOUGHT" di Nick Bostrom, poiché risulta utile ai fini della riflessione fin qui attivata.
(1) L'umanità risentirà profondamente della scienza e della tecnologia in futuro. Noi prevediamo la possibilità di ampliare il potenziale umano superando l'invecchiamento, le carenze cognitive, le sofferenze involontarie e il nostro confinamento sul pianeta Terra.
(2) Crediamo che il potenziale dell'umanità sia ancora per lo più non realizzato. Ci sono possibili scenari che portano verso condizioni umane meravigliose ed estremamente convenienti.
(3) Riconosciamo che l'umanità deve affrontare seri rischi, soprattutto a causa dell'uso improprio di nuove tecnologie. Esistono possibili scenari realistici che portano alla perdita della maggior parte, o anche di tutto, ciò che riteniamo prezioso. Alcuni di questi scenari sono drastici, altri sottili. Sebbene tutti i progressi sono cambiamenti, non tutti i cambiamenti sono progressi.
(4) Lo sforzo di ricerca deve essere investito nella comprensione di queste prospettive. Abbiamo bisogno di deliberare attentamente come ridurre al meglio i rischi e accelerare le applicazioni benefiche. Abbiamo anche noi bisogno di forum in cui le persone possano discutere in modo costruttivo di ciò che dovrebbe essere fatto, e un ordine sociale in cui possono essere attuate decisioni responsabili.
(5) Riduzione dei rischi esistenziali e sviluppo di mezzi per la conservazione della vita e della salute, l'alleviamento delle gravi sofferenze e il miglioramento della lungimiranza umana e della saggezza dovrebbe essere perseguita come priorità urgente e fortemente finanziata.
(6) L'elaborazione delle politiche dovrebbe essere guidata da una visione morale responsabile e inclusiva, prendendo in considerazione seriamente sia opportunità che rischi, nel rispetto dell'autonomia e dei diritti individuali, e mostrando solidarietà e preoccupazione per gli interessi e la dignità di tutte le persone. Dobbiamo anche considerare le nostre responsabilità morali verso le generazioni che esisteranno nel futuro.
(7) Sosteniamo il benessere di tutti i senzienti, compresi gli esseri umani, gli animali non umani e qualsiasi futuro intelletto artificiale, forma di vita modificata o altra intelligenza a cui il progresso tecnologico e scientifico può dare origine.
(8) Preferiamo consentire agli individui un'ampia scelta personale su come abilitare le loro vite. Ciò include l'uso di tecniche che possono essere sviluppate per aiutare la memoria, la concentrazione e l'energia mentale; terapie di estensione della vita; tecnologie di scelta riproduttiva; procedure crioniche; e molte altre possibili modifiche umane e tecnologie di miglioramento.
Cosa ha da dire la psicologia sotto questo riguardo?
Davvero la malattia, l’invecchiamento, la fragilità sia essa fisica che cognitiva possono essere eliminate dalla condizione umana di appartenenza? Lo scenario entusiasta da più parti prospettato interroga profondamente la nostra professione.
Vincent Freeman in “Gattaca le porte dell’Universo”, afferma “Per chi è superiore geneticamente il successo è più facile da raggiungere... ma non è affatto garantito. Dopo tutto, non esiste un gene per il destino”.
Ecco di questo gene chiamato destino la psicologia si è da sempre occupata.
Ovvero non tanto di negare la fragilità della stessa condizione umana ma di dare senso e significato al dolore, dignità all’invecchiamento, rispetto, valorizzazione ed inclusione alle disabilità in tutte le sue forme. Ma soprattutto il suo contributo più nobile si è speso nella possibilità di accompagnare, ove richiesto, l’essere umano nei suoi percorsi di invecchiamento, di malattia e di morte.
Tutte cose ultimamente entrate a pieno diritto nel campo dell’inaffrontabile, dell’indicibile e dell’irrappresentabile come si è in più parti argomentato in quest’articolo.
La mentalizzazione stessa di tali tematiche e, di conseguenza, la dialettica sociale di confronto su di esse sono state relegate nella zona oscura del nostro vivere quotidiano ed anche delle Istituzioni.
Come non pensare, ad esempio, ai funerali negati?
“La morte negata”, sotto questo riguardo, è stato uno dei primi interventi dei quali il Comitato Psicologi per L’Etica la Deontologia e le Scienze Umane ha sentito di doversi prendere carico. L’ascolto empatico e compassionevole è stato poi la motivazione che lo ha spinto ad assumersi la realizzazione di un’altra iniziativa, “Raccontami, ti ascolto”, volta a tutti coloro che si sono sentiti abbandonati e che non hanno potuto raccontare e condividere le loro storie di malattia e morte ed esclusione sociale legate alla vicenda pandemica e all’emergenza sanitaria.
In conclusione, e senza scomodare Freud, Jung e lo stesso Lacan e tutti i mostri sacri che hanno alimentato la fondazione, crescita ed evoluzione della Psicologia come scienza che si prende carico dell’umano e del suo destino, ci sentiamo di poter affermare, con documentabile certezza, che ancora una volta ci troviamo di fronte una terribile coazione a ripetere che si può considerare il comun denominatore alla base di tutte le depressioni, le condizioni legati all’ansia, al panico ipocondriaco e alle fobie. Non a caso queste forme di sofferenza si sono notevolmente incrementate negli ultimi due anni gravando sulla condizione dell’uomo, rimandando alla solita “arcinota ed inflazionata” terribile paura: quella della morte con la “M” maiuscola, che stimola la formazione di un immaginario catastrofico in cui viene “predetta” la fine di tutto.
Come siamo arrivati a tutto questo?
Estrema conseguenza del riduzionismo meccanicista?
Dovremmo rivolgerci alla nostra sorella filosofia per tentare una risposta a quesiti complessi come questi: noi psicologi e psicoterapeuti ne beneficeremmo molto. In quanto professionisti impegnati nella cura dell’umano, ben sappiamo che, se non si fanno i conti con questa faccenda, antica quanto la storia dell’uomo e della sua civiltà, non si vive e non si va da nessuna parte. Emiliano Fumaneri nel suo testo “La liquidazione dell’umano” ben esprime in termini sia filosofici che culturali quali siano le conseguenze della rivolta contro l’ordine biologico e ne racconta le conseguenze come “frammentazione dell’umano”. Anche lo psicanalista Luigi Zoja nella sua “Storia dell’arroganza” affronta con dovuta compiutezza dalla prospettiva del mondo psicanalitico il senso profondo delle trasformazioni attuali.
“Nulla di nuovo sotto il sole” dunque direbbe Quoelet.
L’uomo, potremmo dire, ha sempre trovato estensioni tecniche al proprio apparato mentale: dalla ruota alla bicicletta, dal fuoco alla spada; oggi, però, la tecnica sembra diventare non solo qualcosa di pervasivo ma anche qualcosa che dirige e cambia l’antropologia umana stessa. Per certi versi ha ragione Donna Haraway quando dice che in fondo siamo già tutti un po' tech-uomini. Però ciò non significa che non dobbiamo più farci delle domande importanti sul che cosa significhi tutto questo. Il tecnicismo non è altro che questo, lo sconfinamento della tecnica dentro ambiti che “non gli competono”: si chiede, cioè, alla tecnica la risoluzione di qualsiasi difficoltà, l’alleggerimento da ogni forma di vincolo e di frustrazione. Tutti aspetti, questi, che forse appartengono più all’umano che non a una tecnica che, sotto queste vesti, si presenta come nuovo strumento di potere. Davvero possiamo chiedere alla tecnica di risolvere il dolore per non essere belli come avremmo voluto, per non essere in forma come avremmo sperato, per non avere messo su una nostra famiglia, per non avere il corpo che avremmo voluto…?
La tecnica in questo senso è perfettamente al servizio di quell’adattamento tanto caro alla psicologia più contemporanea. Ed è su questo che ci dovremmo interrogare: non tanto per decidere, infine, se la tecnica sia in sé buona o cattiva, ma forse, intanto, per comprendere a quale funzione umana risponda l’uso pervasivo della tecnica, e poter decidere quindi se assumerci il compito, per quanto faticoso, di pensare alla sofferenza, alla fatica, al dolore, alla malattia e alla morte (perché no anche con un aiuto da parte della tecnica). Potremmo anche decidere di delegare alla tecnica la risoluzione di ciò che compete all’essere umano e che rimanda ad una funzione del “pensiero”; però sapendo a cosa stiamo rinunciando.
Heidegger ha già, nel suo tempo storico, profeticamente illustrato come “la tecnica” abbia concluso l'era umanistica e che l'uomonon sia più il soggettodella storia, ma solo un funzionario di apparati tecnici di cui è al contempo «im-piegato» (be-stellte) e materia prima. Anzi, sulla falsariga di Heiddeger, possiamo dire che l’uomo è la più importante delle materie per il liberal-capitalismo. Di recente anche la dottoressa Shoshana Zuboff ha efficacemente affermato come l’esperienza umana sia ormai divenuta materia prima gratuita, che viene prima trasformata in dati comportamentali, poi rivenduti all’esterno come “prodotti di previsione”. Questi dati previsionali vanno a definire un mercato dei ‘mercati comportamentali a termine’ all’interno del quale operano imprese desiderose solo di conoscere il nostro comportamento futuro. Interessante e certamente degno di nota, sotto questo riguardo, è il paragone che Zuboff fa tra il capitalismo “industriale” e il capitalismo “estrattivo”. Così come il primo sfrutta la natura, il secondo sfrutta la natura umana. Siamo noi il nuovo strumento di guadagno per il nuovo capitalismo.
Di Fasano (2011) ipotizza “che le teorie scientifiche potrebbero prestarsi ad essere usate come derive del pensiero magico, di un pensiero che non accetta i vincoli della realtà e offre formule e argomentazioni rivestite da una presunta scientificità che, nella forma della razionalità, legittimino la negazione della realtà e la sua manipolazione” (pag.174). La scienza, siccome “non pensa”, è di fatto sciolta da qualsiasi vincolo: il disconoscimento di questi ultimi permette di oltrepassare qualsiasi cosa.
Le culture tradizionali permettevano alle persone di trovare un senso ai vincoli derivanti dal corpo, dalla natura, dai confini temporali della vita stessa: il destino dell’uomo era affidato a forze misteriose che l’essere umano era chiamato ad accettare. Oggi l’uomo si trova “solo” e senza quelle cornici culturali “vive” che lo aiutino confrontarsi con ciò che di misterioso c’è nella vita.
La tecnica non potrà, forse mai, riuscire a rispondere ai bisogni metafisici e trascendentali dell’essere umano; né tanto meno possiamo chiederle di “pensare” al posto nostro ciò che si fa limite nella nostra esistenza. La tecnica non ha né il compito, né gli strumenti per pensare i limiti, laddove, al contrario, l’esperienza umana ha bisogno di “pensarli”. Forse ci troviamo di fronte solo l’ultima declinazione dell’umana onnipotenza, come ci ricorda la leggendaria storia della torre di babele cosi come raccontata nella Bibbia: una torre costruita proprio per far fronte a quell’ineliminabile senso di profonda impotenza che da sempre caratterizza la nostra umana condizione davanti all’esperienza della morte. Un’ “esperienza” che non possiamo in nessun modo eliminare dal nostro campo né di esperienza, né di conoscenza, né di pensiero, pena le inevitabili conseguenze che da tale non accettazione conseguono.
Di Clara Emanuela Curtotti e Roberta Campo
Comitato Nazionale Psicologi - Associazione "Dallastessaparte". Credevi di esserti tolto di torno il comitato, invece no! Ciao, grazie, L
BIBLIOGRAFIA
- Di Fasano D. S. (2011) “pensare l’impensabile: forme attuali della genitorialità” Rivista di Psicoanalisi,57(1):165-183
- Pubblio Afro Terenzio “Sono un uomo e nulla di ciò che è umano mi è estraneo”. Dalla commedia L'Heautontimorùmenos o “Il punitore di se stesso”, Verso 77 (Cartagine 185 a.C. – Roma, 159 a.C.);
- James Hillman “Il piacere di pensare” Rizzoli 2001-V;
- Intervista di Maddalena Loy ad Emilio Mordini sul quotidiano “La Verità” del 31 11 2022: “Il popolo complice delle restrizioni;
- “Ciò che oso pensare” di Julian Huxley (Autore) Giacomo Prampolini (Traduttore) GOG, 2022;
- “Il liberalismo e i suoi oppositori” di Francis Fukuyama (Autore) Bruno Amato (Traduttore) e Maria Peroggi (Traduttore) UTET, 2022;
- ID Articolo: 186766 - Pubblicato il: 15 luglio 2021 https://www.stateofmind.it/author/vincenzoamendolagine Per saperne di più;
- Giovanni C. Stile, Transumanesimo. Una introduzione all’idea di evoluzione autodiretta, in Laboratorio dell'ISPF: rivista elettronica di testi, saggi e strumenti del CNR, XII, 2015, DOI:10.12862/ISPF15L406, Riccardo Campa, Toward a transhumanist politics, su ieet.org. URL consultato il 26 febbraio 2015;
- Natasha Vita-More, TRANSHUMAN. An evolutionary transition. A brief history, su natasha.cc;
- Arrticolo "A HISTORY OF TRANSHUMANIST THOUGHT " di Nick Bostrom, in appendice il Manifesto del transumanesimo a cura e traduzione 2020 del sito www.pensierocritico.eu
- Saggio del sociologo cattolico Emiliano Fumaneri “La liquidazione dell’umano” (I libri del Covile, s.l. 2017, pp. 237 – www.ilcovile.it;
- Storia dell'arroganza. Psicologia e limiti dello sviluppo Copertina flessibile, 1 agosto 2003 di Luigi Zoja (Autore);
- Il Qoelet Libri sapienzali, Bibbia CEI 2008 https://www.bibbiaedu.it/CEI2008/at/Qo/introduzione/;
- L’intervento di Marco Attisani alla Camera: https://www.youtube.com/watch?v=cbrYSNCwhDY
- Haraway D.(1985) Manifesto Cyborg, Feltrinelli, Milano.