Comunicato sulla proposta referendaria di modifiche al Codice Deontologico
11/07/2023C’è Codice e Codice – II° parte
21/08/2023C’è Codice e Codice – I° parte
Un primo sguardo critico alla proposta di nuovo Codice Deontologico degli Psicologi.
Il 21-25 settembre tutti gli psicologi italiani (o per lo meno, tutti quelli in grado di accedere online e in possesso di uno SPID o CIE) saranno chiamati ad esprimersi, attraverso una votazione referendaria, sull’approvazione o meno del nuovo Codice Deontologico, secondo la proposta elaborata dalla Commissione Deontologica e votata all’unanimità dal Consiglio dell’Ordine Nazionale (CNOP). La votazione sarà del tipo SI/NO, ovvero non ci sarà la possibilità di votare articolo per articolo o modifica per modifica, ma si potrà solamente accettare o respingere il testo in blocco.
Per ben 4 anni sono andati avanti i lavori e nonostante le reiterate richieste di numerosi iscritti e del Comitato Nazionale Psicologi (per ultima una richiesta di accesso agli atti) non è stato possibile avere contezza delle modifiche progettate, fino alla pubblicizzazione della nuova versione, avvenuta il 16.06.2023 tramite newsletter, come consuetudine del CNOP.
Da allora il Comitato Nazionale Psicologi ha confrontato attentamente la vecchia e la nuova versione, e ha potuto commentare a caldo gli aspetti più salienti in un Comunicato, che potete leggere QUI.
Cambiamenti più salienti
Quali sono i cambiamenti più importanti apportati al Codice Deontologico?
- I principi etici
Nel nuovo Codice si è operata una separazione fra i “principi etici” e gli articoli veri e propri, così disarticolando tali principi (presentati come assiomi generici e perlopiù astratti) dall’agire concreto del professionista.
Questa premessa etica, che pure viene presentata come fondante, così come ogni sua eventuale futura modifica, non sarà sottoposta a Referendum, e si presenta quindi come preconfezionata e non negoziabile. Ci si chiede in che misura sia dunque vincolante, se il discostarsi da essa costituisce violazione deontologica, e in che modo si farà valere questo vincolo.
Riteniamo una seria anomalia non poterci esprimere rispetto alla premessa etica, visto che, secondo la legge istitutiva della nostra professione, tutte le modifiche al Codice Deontologico devono essere sottoposte a Referendum.
Questo modus operandi così discutibile va collocato però in una cornice più ampia, che nel darne un senso non rassicura ma anzi offre maggiori motivi di allarme.
Infatti simili operazioni si stanno svolgendo in parallelo riguardo ai codici deontologici di altre professioni sanitarie, come quella dei medici, ovvero per l’albo delle professioni tecnico-sanitarie di recente istituzione. È il caso della “Costituzione Etica”, un corpus di principi che riguarda l’albo delle professioni tecnico-sanitarie, la cui formulazione richiama in più punti la premessa etica del nuovo Codice Deontologico degli Psicologi. La similarità fra diversi articolati fa intuire un programma condiviso e una determinazione ad estendere tali indicazioni a tutta l’area delle professioni sanitarie, di fatto sottraendo tali aspetti etici (che dovrebbero costituire il cuore della deontologia professionale) al vaglio di un voto referendario da parte dei professionisti che a tali indicazioni dovranno attenersi. - L’assimilazione al modello medico
La proposta del nuovo Codice Deontologico degli Psicologi tende, nel complesso,
a promuovere una versione della psicologia completamente appiattita sul modello medico.L’uso dei termini con cui viene descritta l’attività dello psicologo richiede particolare attenzione. Laddove nell’attuale (vecchia) versione si utilizza spesso il termine “prestazione professionale”, inclusivo di ogni tipologia di attività, nel nuovo codice questa terminologia viene riferita solamente a un ambito ristretto di pratiche che non riguardano la “diagnosi” e “cura”, queste ultime assimilate ad attività di tipo sanitario e perciò definite più avanti come “trattamenti sanitari”.
L’uso del termine “trattamento sanitario” applicato alle scienze psicologiche è però tutt’altro che chiarito e definito e può ingenerare confusione.
Attività esclusive della professione psicologica quali la prevenzione, la diagnosi,
il sostegno, come pure le attività di abilitazione-riabilitazione, non necessariamente assumono finalità sanitarie e di cura bensì possono avere molteplici e differenti significati ed essere non assimilabili a trattamenti sanitari.La Commissione che ha operato le modifiche al Codice, rispetto a quali trattamenti psicologici debbano essere definiti come “trattamenti sanitari”, ha dichiarato che si tratterebbe di “tutte le prestazioni psicologiche con finalità sanitarie”, spiegazione tautologica e poco chiarificatrice: quali sarebbero esattamente queste finalità sanitarie?
Termini come “cura” o “diagnosi” presentano accezioni e significati molto differenti
in medicina e in psicologia, e nel secondo caso il termine “cura” non equivale alla cessazione o risoluzione dei sintomi ma porta con sé significati ben più ampi, che attengono al pieno sviluppo e al benessere globale dell’individuo. - La de-regolazione delle prestazioni psicologiche non sanitarie
Particolarmente critica è la posizione dello psicologo non psicoterapeuta. Nel nuovo codice sembra di ravvisare (in particolare nell’art. 27, interruzione del rapporto professionale) una delega di attività e funzioni, che passano dallo psicologo allo psicoterapeuta (il cui operato viene a sua volta forzato a rientrare nei parametri di un “intervento sanitario”); anche nell’art. 37 (accettazione del mandato) scompare la possibilità per lo psicologo di richiedere un consulto con altri professionisti, lasciando solo l’obbligo di inviare a questi ultimi il paziente o il cliente.
Se da un lato dunque la nuova formulazione del Codice tende a trasformare lo psicologo in un mero inviante a favore di professionisti più “adatti”, dall'altro lato si osserva una de-regolamentazione delle prestazioni professionali e degli interventi non sanitari, tipici della professione di psicologo, che vengono solo marginalmente affrontati.
Lo psicologo quindi, quando effettua prestazioni professionali o interventi psicologici, anche verso minori, sembrerebbe insomma non essere più vincolato alla raccolta del consenso informato (documento in forma scritta o videoregistrata). Resta l’obbligo di fornire informazioni sulla natura dell’intervento, tuttavia, paradossalmente, si perdono per strada i dettagli della modalità di raccolta di questo tipo di consenso, che potrebbe risolversi in forma esclusivamente orale (per un approfondimento sul consenso informato secondo la nuova versione del CD, vedere la seconda parte di questo articolo).Le prestazioni psicologiche non sanitarie sono una parte consistente e importante della nostra pratica professionale: pensiamo ad esempio agli ambiti della psicologia dell’età evolutiva e scolastica, alla psicologia perinatale, alla consulenza psicologica giuridico-forense, alla psicologia del lavoro, al counselling psicologico, al lavoro sui gruppi. Ma è proprio la specificità psicologica a scomparire nel nuovo Codice, in parte ignorata dall’articolato, in parte trattata alla stregua di una disciplina sanitaria, con tutte le limitazioni e i protocolli di cui attualmente soffre anche la professione medica. Il rischio è un’erosione dei confini e della consistenza della professione, la perdita dell’essenza stessa della materia psicologica, ovvero la soggettività dell’individuo che, come tale, non può essere oggettivata o comunque perfettamente misurata e quantificata.
- Il richiamo alla scienza
A fronte di 5 occorrenze nel vecchio codice, nel nuovo ci sono 14 citazioni del concetto di scienza e scientificità, con toni, in certi passaggi, persino intimidatori sul fatto che gli atti, le metodologie e le teorie fondanti gli interventi psicologici debbano attenersi, sia nella pratica che nel ruolo di formatori, esclusivamente a dati, teorie, approcci e metodologie “scientifiche”. Ma qual è questa Scienza a cui lo psicologo dovrà necessariamente fare riferimento? Lo specifica chiaramente la premessa etica: “Conoscenze scientifiche specifiche, discusse e condivise dalla comunità scientifica internazionale e nazionale”. Si opera così una confusione fra il livello delle evidenze scientifiche e quello delle posizioni di esponenti o enti investiti di autorevolezza, dimenticando che il piano dei pareri autorevoli e del Consensus scientifico incarna il più basso livello nella scala delle evidenze.
Nell’art. 7 (validità dei dati), sono state introdotte nuove categorie di validazione dei dati (terminologia statistica) e sono state forzate in parametri statistici, con
un’azione fortemente riduttivistica degli ambiti e approcci della psicologia.
La premessa etica, nonché gli artt. 7 e 36 (validità dei dati, e giudizi sui colleghi), sembrano dunque identificare come buona pratica i soli approcci e metodi dotati di requisiti di scientificità, misurabilità e ripetibilità, dimenticando che la materia psicologica è vasta, complessa e multiforme, che la psicologia non è una scienza esatta, e che fra i suoi capisaldi, a completamento di ciò che la quantificazione dei dati non può raggiungere, c’è una base di metodologie e approcci rigorosi di tipo induttivo. - Maggiore genericità e vaghezza, formulazioni deboli
Si passa da un Codice chiaro e definito ad un altro estremamente vago, generico e decontestualizzato. Questa scelta, presentata come maggiormente semplice e flessibile nell’applicazione, rappresenta in realtà un indebolimento dello strumento Codice che, nella versione che sta per essere modificata, esprime con forza concetti vincolanti e principi fondamentali, lasciando poco margine al dubbio e alle interpretazioni. Questo depotenziamento di principi cardine emerge anche dalla modifica dei termini usati: ad esempio nell’art. 4 dove le espressioni chiare e forti della vecchia versione (RISPETTARE, TUTELARE) sono stati sostituiti con termini blandi e vaghi come INFORMARE, RICONOSCERE; inoltre l’art. 4 risulta epurato di un altro postulato fondamentale: “Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità”. Questo enunciato è stato rimpiazzato da un generico invito a riconoscere le “differenze individuali” e “promuovere inclusività”.
Ancora i termini risultano ammorbiditi nell’art. 14, dove lo psicologo non è più “tenuto”, ma “ha il compito” di informare; nell’art. 17, in cui la SEGRETEZZA è divenuta RISERVATEZZA; o con lo spostamento dell’enunciato sul dovere di porre sopra a ogni cosa l’interesse del cliente, che viene stralciato dall’articolo 4, capo I (principi generali), e posto alla fine del capo II, art. 32 (prestazione richiesta da un committente), svilendolo e attenuandone la forza.
Ancora all’art. 21 è stralciata la parte che definisce e identifica gli strumenti tipici della professione di psicologo, sostituita nella nuova versione da una terminologia vaga ed iper-inclusiva, limitandosi a distinguere quelle che vengono definite semplicemente “conoscenze psicologiche” dagli “strumenti, metodi e tecniche” esclusivi della professione, e rendendo l’enunciato meno chiaro ed incisivo.Il nuovo codice proposto dal CNOP risulta insomma a nostro parere svilito e diluito, avendo perso la sua forza e soprattutto la sua chiarezza originaria.
Conclusioni
Il nuovo codice ricalca un riduzionismo medico di stampo positivista applicato alla psicologia, ove ha rilievo e consistenza solo ciò che può essere misurato, ripetuto e falsificato. Tale ultimo passaggio, conseguente in particolare all’inclusione della figura dello Psicologo nelle c.d. “professioni sanitarie” rappresenta a nostro parere l’epilogo di tale percorso e la quadratura di un cerchio, portato a compimento da una classe dirigente miope e scollegata dalla base degli iscritti.
Tale cambiamento si inserisce naturalmente all’interno di un contesto di mutamenti ben più ampio, ove tuttavia il CNOP e gli Ordini regionali sembrano voler selettivamente ignorare che più del 90% degli PSICOLOGI sono liberi professionisti non sanitari poiché non sono impiegati presso il SSN. I veri “psicologi sanitari” risultano essere numericamente 5000 su una base di circa 75000 iscritti ad ENPAP, e alcuni di questi siedono presso Ordini, Consigli e Commissioni, nonché sono autori della presente proposta di modifica al Codice Deontologico.
Molte domande attendono risposta
- Perché i “Principi Etici” sono stati aggiunti come premessa al nuovo Codice Deontologico e non sono sottoposti al Referendum?
- A quale Scienza lo psicologo dovrà necessariamente fare riferimento?
- Perché la figura dello psicologo (non psicoterapeuta) è equiparata e forzata ad essere una figura sanitaria? Visto che non è consentito allo stesso psicologo lavorare all’interno del SSN con l’abilitazione in Psicologia.
- Quali sono le ragioni alla base dell’annullamento, nel nuovo codice,della specificità psicologica e della sua complessità? Visto che ciò coincide con una perdita del riconoscimento e del valore aggiunto della nostra disciplina.
- Perché il Codice Deontologico nella nuova versione ricalca in toto il modello medico utilizzando una terminologia non attinente agli interventi psicologici e psicoterapeutici? Visto che non è oggettivamente identificabile in ambito psicologico, clinico e psicodinamico un giudizio di “prognosi”, così come gli “eventuali rischi” dell’intervento stesso, nonché le “conseguenze” per l’utente del rifiuto del trattamento sanitario.
- Perché il bonus psicologico ha riguardato solo ed esclusivamente la psicoterapia e non i trattamenti psicologici?Visto che si tratterebbe di “trattamenti sanitari”.
- Che cosa distingue fra le prestazioni dello psicologo i “trattamenti sanitari” da altri tipi di prestazione?
Perché questa proposta di nuovo Codice Deontologico va respinta
- Perché risulta inappropriatamente appiattito sul modello medico, che non è adeguato a cogliere la complessità individuale
- Perché in sostanza assimila la psicologia e la psicoterapia alla medicina riducendola ad un “trattamento sanitario”
- Perché tratta la psicologia alla stregua di un farmaco o di un altro intervento medico
- Perché non tiene conto della multidimensionalità e della peculiarità delle scienze psicologiche
- Perché erode in modo sostanziale i confini della professione
- Perché intrappola lo psicologo in un recinto fatto di pastoie burocratiche, protocolli e obblighi di legge, tutti a carico, anche economico, del libero professionista
- Perché spoglia di fatto lo psicologo della sua autonomia professionale vincolandolo ad un livello di misurazione dei costrutti psicologici non sempre possibile in psicologia e psicoterapia
- Perché potrebbe aprire le porte a successive modifiche sottratte all’obbligo di ratifica referendaria
Cari colleghi, vi invitiamo a riflettere su tutti questi aspetti e a leggere il secondo articolo di approfondimento su questo tema, che analizza in dettaglio l'importantissima questione del Consenso Informato, aspetto che ha subito modifiche importanti.
Il dibattito è aperto!
7 luglio 2023
Comitato Nazionale Psicologi per l’Etica, la Deontologia e le Scienze Umane